Ciao Alberto Renda, fai buon viaggio… Ad Maiora!

Ciao Alberto, te ne sei andato, dopo che sembrava che avessi debellato il tuo raffreddore, come lo chiamavi tu, e quando lo dicevi i tuoi occhi, si bagnavano. Fin da poco dopo che sono arrivato a Pesaro per lavoro, per seguire la pallavolo, ti ho conosciuto, mi ricorderò sempre quei canguri in festa di un lustro fa, quando venivo sù per intervistarti per il mio giornale telematico “solo volley” (il primo che ti ha premiato per la carriera). Il tuo carattere burbero, scontroso, ma sempre schietto, i tuoi racconti di quando andavate a giocare con i pompieri e dormivate nelle caserme durante le trasferte. Mi ricorderò sempre i consigli che mi davi, i miei mille sfoghi e tu sempre lì ad ascoltare e a indirizzarmi verso la strada migliore. Mi ricorderò  quando venivo a parlare della vita d’estate, quando spesso eri nella tua casa del mare vicino al vecchio Palazzetto dello sport. Ci sedevamo lì per pomeriggi interi, con me che avevo paura del cane e tua moglie che ti chiamava per la cena, perché a furia di parlare poi il tempo si consumava, così veloce, come quando accendi un fiammifero, che non fa in tempo neppure a brillare che è già cenere. Mi ricordo quando mi hai fatto conoscere la famiglia Martinelli e quando mi hai assoldato per fare le foto alla Marti che festeggiava l’addio alla Nazionale. E poi le chiacchierate in tabaccheria da Enrico, e il padre, tuo grande amico. Mi ricorderò sempre delle mentine, che mi facevi comprare per smettere di fumare, e di tutte le volte che mi parlavi di Bottega. Mi rapivi con i tuoi racconti così, ho iniziato a venire almeno un paio di volte a fare le foto all’anno alla ragazze, ma alla fine la scusa era anche quella di rivederti e chiacchierare. Sei sempre stato un secondo padre per me, uno che mi capiva e non mi giudicava, e poi quest’anno il grande salto, sono venuto da te come ti avevo promesso. Ti avevo detto che l’ultima stagione l’avremmo fatta assieme, ma cazzo doveva essere la mia ultima stagione come fotografo non la tua, e ora che quel male sordo ti ha divorato e ti ha portato via, ho nella testa mille ricordi di questa ultima annata, le ore passate al telefono, la tua figura in palestra, le soddisfazioni che ti hanno dato sia le femmine che i maschi. Finita una partita o delle ragazze o dei ragazzi, ti cercavo sempre, lì in fondo, seduto su quelle panche di legno, avvolto nella tua barba bianca, a commentare il post gara. Poi correvo a casa a sistemare le foto e puntuali i tuoi commenti, su Facebook, erano una carezza per la mia anima, perché so che erano sinceri. So che erano pieni di te, pieni della nostra amicizia, anche alla vigilia di Natale, quando sono venuto giù a trovarti a casa dal piano superiore e abbiamo parlato della tua passione per le foto, e come un pianista sull’oceano mi hai raccontato la tua avventura lavorativa con la farmacia, l’incontro con tua moglie che ti mancava tantissimo. Non posso credere che non ci sarai più, non posso credere che non ti vedrò più in palestra, l’ultima volta abbiamo visto assieme l’allenamento di Marco con i ragazzi della C, unito a quelli delle due prime divisioni, e ti brillavano gli occhi nel vedere i primi tempi, e lo sforzo che ci mettevano. E poi quando mi parlavi del cinquantesimo anniversario di quella Polisportiva che hai creato dal nulla, quando le prime partite, mi raccontavi, si giocavano sul cemento, oppure quando mi hai raccontato la tua versione della famosa leggenda che avevi dato un morso ad un arbitro quando giocavi.

Ho tanta rabbia dentro Alberto, dovevamo fare tante cose ancora assieme, il consiglio aveva deliberato l’ok per il nostro blog che avremmo scritto e portato avanti assieme, e anche tu te ne sei andato via da me, anche tu mi ha lasciato come i miei affetti più cari. Io come farò, ma noi tutti come faremo senza di te, come farò ad entrare in quella palestra con la consapevolezza di non vederti mai più entrare. Sto consumando questa tastiera pigiando con forza i tasti, e bagnando i miei occhi, perché ho il cuore aperto in due, spero solo che dove sei ora, possa stare finalmente bene, spero non possa soffrire più e riabbracciare i tuoi cari, e banchettare con buon cibo e buon vino. Non riesco ad andare avanti con questa lettera, perché per me non sei andato via, non posso crederlo, solo pochi giorni fa parlavamo al telefono, e mi chiedevi quando saresti tornato a casa se potevo passare da te, a insegnarti come scrivere sul nuovo blog. Poi il silenzio, una brutta sensazione quando ti chiamavo, ma tu non rispondevi ne richiamavi e poi la telefonata di Marco, e la mia voce che si è strozzata in gola. Ti saluto qui, perché sono diventato allergico ai funerali, tanto tu non morirai mai nel mio cuore. E come ti avevo promesso fino al tuo ritorno, in segno di rispetto, ogni articolo del Pol Bottega prima della firma scriverò sempre in tuo onore Ad Majora.

Addio Alberto,

anzi Real come ti firmavi tu!

Mi lasci un grandissimo vuoto.

Ti ricorderò! E ti onorerò ogni volta che mi occuperò con il “nostro” blog della Pol Bottega, sapendo che tu lo condividerai da lassù.

Danilo 

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