Questa volta, con grande piacere, ci occupiamo di calcio femminile e lo facciamo grazie alla massima disponibilità di Jessica Coletti, una ragazza che, da sempre, si è calata fra lacrime e gioie nei panni di un attaccante alla Palacio. Attualmente è in forza al Fossolo 76 calcio femminile Bologna, che milita nel campionato di Eccellenza.
-Ciao Jessica, come e quando ti sei appassionata al calcio in generale?
“Praticamente è nato tutto da mio babbo che mi ha trasmesso questa passione, fin da quando ero piccola, all’età di 6-7 anni, visto che lui faceva parte anche del gruppo storico della curva del Bologna, ovvero i Capottati, ha iniziato a portarmi allo stadio e da lì mi sono subito innamorata del calcio e del nostro Bologna”.
-La tua prima esperienza invece come giocatrice a quanto tempo fa risale?
“Da piccolissima, come mi ha ricordato proprio mio babbo, all’età di 5-6 anni, grazie a Luciano Malaguti, avevo iniziato a giocare in una squadra di calcio a 5 femminile e spesso organizzavano dei tornei, dove sempre mio padre dice che ero bravissima ma lui, ovviamente, è troppo di parte e io ora, a 24 anni, onestamente non ho molti ricordi. Sempre a quell’epoca, avrò avuto al massimo 7 o 8 anni, ho iniziato a giocare nel ruolo di difensore centrale/terzino nell’Emilia, era la più piccolina, infatti le altre ragazze avevano tutte dai 14 ai 16 anni e mi sembravano dei giganti se ci ripenso oggi. Dopo 2 o 3 anni, però, mi sono fermata, un po’ perché avevo paura di ingrossare troppo il mio fisico, cosi sono tornata a fare nuoto. L’acqua è un altro elemento importante della mia vita, visto che mia madre appena mi aveva partorito mi portava sempre in piscina. Lì diciamo che me la cavavo molto bene, infatti mi avevano chiesto anche di entrare nella squadra agonistica, ma poi per svariati motivi familiari non ho accettato”.
-Quando e perché sei tornata al calcio femminile?
“Nel 2017, ero in crisi a livello psicologico e cercavo qualcosa che mi potesse dare un mano a sfogarmi, cosi mio padre mi ha convinto a rincominciare, e devo dire che ha fatto benissimo, perché il calcio mi ha veramente ridato il sorriso, quando gioco libero la testa, sono felice, non solo quelle due ore che sono al campo per la partita, ma anche quando, per esempio, mi alleno. Mi ricordo che ho rincominciato alla Progresso, in eccellenza, ma lì facevo solo gli allenamenti, visto che dovevo riprendere la forma fisica, poi avrei iniziato l’anno dopo ma, purtroppo, il Progresso non ha fatto più la squadra e allora ci siamo tutte trasferite in blocco nella Granamica, la squadra di Granarolo, dove sono stata un anno, e poi sono arrivata qui al Fossolo, e visto che mi sono trovata molto bene dopo il primo anno, continuo a fare anche il secondo. Quest’anno poi, a testimonianza che l’effetto dei mondiali femminili è stato molto positivo, la società ha aperto anche le porte al settore giovanile, visto anche l’altissimo numero di bambine che si sono iscritte, oltre 40, tanto che hanno potuto allestire due squadre giovanili”.
-Che ruolo ricopri in campo?
“Sono un attaccante, prima o seconda punta, anche se a me piace correre molto in fascia, per molti aspetti faccio quello che fa Palacio nel Bologna, e anche se è un ruolo molto dispendioso e allo stesso tempo molto duro, da una grande soddisfazione sia fare segnare le mie compagne, e soprattutto, quando è possibile, andare in goal”.
-Ti dispiace che il calcio femminile sia ancora etichettato come uno sport non per ragazze?
-Si tantissimo, in generale odio essere etichettata, specie se la persone mi giudicano senza neppure avere parlato prima come me, moltissime persone, infatti, dopo che entro un minino in confidenza, si ricredono, e vorrei che fosse cosi anche su questo scetticismo che una ragazza non sia “strana” o un maschiaccio solo perché ama il calcio o peggio ancora come me e le mie compagne ci giocano. Io personalmente poi, purtroppo sbagliando, soffro molto del giudizio altrui specie maschile”.
-Quali sono le domande più frequenti che ti tediano la vita ogni volta che racconti di giocare come attaccante in una squadra di eccellenza di calcio femminile a 11?
“Ormai le so a memoria, fra le più classiche e scontate mi chiedono sempre se non ho paura di farmi male. Poi un’altra classica è: se mi poi mi diventano grosse le cosce e i polpacci come faccio ad infilarmi gli stivali, questa è in particolare la fissa delle mie amiche, e poi la più classica è quelli che mi chiedono se ho cambiato sponda. Ripeto penso che ci sia tantissimo pregiudizio e non solo dal lato maschile ma proprio in generale verso il calcio femminile, e questo mi dispiace tantissimo, anche perché penso che questo sport in futuro possa avvicinare, grazie alle partite della serie A su Sky, tantissime altre giovani, come è stato dopo il mondiale verso questo magnifico sport”.
-Sfatiamo un po’ ti tabù, ti fai male giocando?
“Degli infortuni ci sono come ci sono in tutti gli altri sport, ovviamente bisogna giocare con la testa, io ad esempio nei contrasti cerco sempre di togliere il piede”.
-A livello tonico come ti senti?
“Diciamo che prima mi sentivo molto più debole, e non riuscivo a dare sempre la giusta forza ai miei passaggi ecc… Poi ho iniziato a cambiare alimentazione e ora ho molta più forza, arrivo bene sui passaggi, calcio meglio, insomma mi sento davvero meglio, e mi sento sempre sul pezzo”.
-In campo che tipo di giocatrice sei?
“Diciamo che questo campionato, mi sono abbastanza calmata, ma sono la prima a definirmi una “rogna”, lo scorso campionato ho penso di avere avuto un record di cartellini gialli, diciamo che odio le scorettezze, se me ne fanno poi mi faccio sentire e non solo a parole. Mi sono sempre fatta rispettare, anche perché gioco in un ruolo in cui magari più di altre sono soggetta alle “attenzioni” delle difese avversarie, ma con il tempo ho imparato a dosarmi. Un aneddoto simpatico che all’epoca ho vissuto con un po’ di apprensione, prima di arrivare qui al Fossolo, quando ho visto la rosa della formazione che stavano allestendo con un po’ di timore ho scritto al nostro attuale portiere, con la quale ora sono invece molto amica, perché proprio con lei quando giocavo a Granarolo mi ero scontrata duramente sotto porta, e la partita si era parecchio innervosita, mi ricordo che mi ero beccata a lungo anche con il loro capitano, poi alla fine ci siamo ritrovate tutte qui al Fossolo e facciamo squadra anche al di fuori del campo, infatti anche se loro venivano da un gruppo di giocatrici più numeroso che già si conoscevano e giocavano assieme da una vita, devo proprio ringraziarle, perché mi hanno accolto davvero molto bene e ora siamo una grande famiglia”.
-Il calcio è nel DNA della tua famiglia, vero?
“Sì, oltre a mio padre, che da sempre è dentro il mondo dello sport, ho due fratelli più piccoli che anche loro giocano a calcio, uno nel Progresso nella categoria Juniores e l’altro a Castenaso in eccellenza”.
-Mi dicono che quest’anno sei diventato un po’ l’asso nella manica per il tuo allenatore perché?
“Sì, perché quest’anno gioco meno ed entro quasi sempre dalla panchina negli ultimi 20 minuti di partita, e ogni volta che però sono in campo riesco a incasinare le difese avversarie che si concentrano su di me venendomi a pressare, e cosi riesco a fare segnare sempre le mie compagne; così, un po’ come il Bologna, riusciamo senza a ribaltare partite che magari stiamo perdendo o pareggiando, io sono molto contenta di creare questo scompiglio ma, soprattutto, sono felicissima di essere utile alla squadra prima di ogni altra cosa. Altre volte poi il mio mister, invece, mi schiera titolare fin dal primo minuto, così oltre a essere l’elemento di rottura ho il compito anche di cercare il goal personale”.
-Il momento più brutto e quello più bello?
“Sicuramente quello più brutto quando, in una squadra dove ho militato, il gruppo, che comandava anche su una società che forse ha avuto il torto di non imporsi mai, ha cercato di escludere me e altre ragazze, trattandoci un po’ come delle emarginate, ma poi nelle ultime stagioni sono totalmente rinata, sia come giocatrice che come donna, perché come dico sempre magari mi possono piegare ma non mi possono spezzare. Quello più bello è che, quando gioco, i pensieri di ogni tipo rimangono fuori dal campo e, finalmente, sono nuovamente felice, in particolare poi il goal per l’attaccante è una cosa meravigliosa, una vera e propria esplosione di gioia che è difficile anche solo da raccontare a parole”.
-Cosa fai nella vita fuori dal terreno di gioco?
“Mi piace uscire con le amiche, se posso non mi nego qualche aperitivo, poi lavoro nell’attività di famiglia, ovvero l’Ottica Foto Albertazzi di San Lazzaro di Savena, guardare le serie televisive che vanno più in voga al momento e, oltre a leggere poesie e romanzi d’amore, mi sto impegnando anche tantissimo nello studio per diventare optometrista, mi mancano ancora circa due anni per laurearmi e poter poi essere abilitata ad esercitare”.
-Sei una rogna anche fuori dal campo?
“Assolutamente si! Sono onesta, ho il mio caratterino parecchio pepato!”.
-Sei anche una hit girl, sempre perfetta nei tuoi outif, molto femminile e curata, ti rispecchi in questa definizione?
“Mi piace essere alla moda, adoro cercare di avere una bella presenza, non nascondo che apprezzo i complimenti ma, soprattutto, lo faccio per me stessa, mi piace cambiare e sperimentare look diversi, abbinare accessori, e spesso cambiare anche colore ai capelli, diciamo che posso affermare, come recitava uno striscione che una volta abbiamo fatto con la nostra squadra, mi piace passare dal tacco 12 a scarpa 13 (intesa come i tacchetti che usciamo per giocare), in passato ho anche lavorato per Motel diffusione Moda, diciamo che ci tengo molto alla mia femminilità, ma appunto non ho assoluta difficoltà o problema da uscire da un tacco 12 e infilare una scarpetta da calcio, perché il calcio per me è anche donna”.
Le foto di gioco sono di Alice Meggiolaro