
-Ciao Simona, la morte di Raoul Casadei ha rattristato davvero tutti, per quello che in questi anni la sua musica aveva rappresentato per noi ascoltatori. Da musicista, in che modo avevi avuto modo di collaborare con lui?
“Collaboro con l’orchestra Casadei dal 2016, da quando mi ha proposto di entrare in formazione lo stesso Mirko, figlio di Raoul. Devi sapere che Raoul ha abbandonato le scene nel 1980, seguendo l’Orchestra da dietro le quinte fino ad oggi. Nel 2000 Mirko ha ereditato il ruolo di Capo Orchestra, dando un nuovo taglio al prodotto musicale e fondendo la tradizione romagnola con molte altre sonorità, sempre con un’unica missione: fare festa, portare gioia e intrattenimento!
Su quel palco così carico di storia ho interpretato la figura femminile, la cantante, e Raoul è sempre stato generoso di consigli, pacche sulla spalla e qualche buon brindisi di Sangiovese!”.
-Casadei è riuscito a fare ballare, specie qui in Romagna, intere generazioni, quale è stata secondo te la ricetta magica di questo effetto boomerang che ha saputo legare e fare divertire tante persone di età diverse?
“Questa è una domanda alla quale non basterebbe un giorno per rispondere compiutamente. Il segreto di Raoul è stato, senza dubbio, il suo carisma, il suo grande talento nel comunicare e nel mettere in relazione le persone tra loro. Si parla di un momento storico, mi riferisco agli anni ’60, quando l’Italia viveva un boom non solo economico. Le donne si emancipavano, si costruivano le autostrade per andare in vacanza con l’automobile di famiglia e collegare tutto lo stivale; erano anni in cui la televisione diventava un oggetto di massa, dove la distinzione tra ricchi e poveri si riduceva in favore di una sempre più nutrita borghesia. Raoul ha saputo parlare a tutti, perché rappresentava quel cambiamento. Raoul e la sua musica, la sua orchestra, parlavano a tutti, indistintamente dalla classe sociale di appartenenza. Ci si dava appuntamento per ballare sulle note de “La Mazurka di Periferia” e tante altre hit. Raoul è stata una delle bandiere del nostro paese nel mondo. All’estero conoscono le sue canzoni a memoria! Raoul è stato il sorriso di un’Italia che rinasce”.
-Raoul Casadei appariva sempre un uomo umile dalle idee visionarie, che sapeva divertire e divertirsi con poco, infatti, la sua orchestra in poco tempo ha solcato i confini della “sua” Romagna per abbracciare l’Italia intera. Tu, che hai avuto modo di conoscerlo e di lavorare di persona con lui, ci puoi raccontare qualche aneddoto che meglio lo rappresenta nel privato?
“Ho sempre avuto molto pudore nei suoi riguardi e questo mi ha inibito dal chiedere o essere troppo invadente. Avrei voluto fargli un sacco di domande, ma quando ti accorgi di avere a che fare con un gigante, ti viene da stare zitto e sentirti grato anche solo di poter osservare, sbirciare, carpire qualche segreto. Se dovessi parlare del Raoul privato, ti dipingerei un uomo con le braccia aperte e la pipa sempre a portata di mano. Le braccia aperte per descrivere la sua apertura, la sua accoglienza estrema verso chicchessia, la sua assenza di pregiudizio e la sua grande generosità e ingordigia di vita. La pipa… beh… è il suo simbolo, oltre ad essere diventato anche quello dell’Orchestra. Una cosa che mi fa sorridere, se ci penso, riguarda la scorsa estate. Sono andata a cenare a ‘La Casa dei Romagnoli’, locale della famiglia proprio in quel di Gatteo dove si gustano buone piadine con sottofondo di musica romagnola suonata dal vivo. Una cena extra lavoro, con amicizie inerenti l’orchestra, con Raoul stesso e la moglie Pina. Nulla di formale insomma. Al rientro verso casa di Raoul, dopo la mezzanotte, lui voleva che stessimo in giardino a continuare la serata nella frescura estiva del suo prato. Roba da ventenni! “Bambina, lo vuoi il gelato?”. “Pina abbiamo i limoni?”. Davanti al mio: “Ti ringrazio Raoul ma sono a posto” non è che fosse molto soddisfatto! Al che mi son sentita di dirgli, per non passare da maleducata: “E’ che adesso andiamo, non vogliamo disturbare, si è fatto tardi”. Lui mi ha risposto: “Non sono mica stanco. Quando sarò morto avrò molto tempo per dormire!”. Questa frase è abbastanza esplicativa per descrivere Raoul Casadei”.
-A te personalmente che ricordo lascia?
“I due occhi più svegli e profondi della Romagna”.
-Finita la pandemia, quando finalmente si potrà tornare a ballare la sua musica, avete in mente di fare un concerto commemorativo o qualcosa di simile?
“Immagino di sì, ma più che un concerto commemorativo, si tratterà di una festa. A quanto detto dalla famiglia, questa era la volontà di Raoul stesso: nessun funerale o commemorazione, solo festa. Sarà un appuntamento per tutti coloro che lo hanno amato. Queste, però, sono scelte che solo la famiglia comunicherà”.
A cura di Danilo Billi