
-Ciao Matteo, ci ha scritto perché volevi raccontarci la tua storia di tifoso del Bologna, giusto?
“Sì, ho letto in questi ultimi periodi che date spazio anche ai tifosi poco fuori della mura di Bologna e allora mi sono fatto sotto, la mia è una storia come tante altre, ma ci tenevo a raccontarla perché mi piace l’idea di poter fare con voi delle riflessioni sul tifo e sulla squadra e che poi magari possano essere condivise con altri tifosi”.
-Dicci pure….
“Pur rispettando da sempre i gruppi organizzati della Curva Andrea Costa, in particolare anche i ragazzi del Mazzini, alcuni li ho conosciuti personalmente nel corso degli anni, e poi vista la distanza tra via Faenza dove si ritrovavano tempo fa e il il centro di San Lazzaro, possiamo dire che abitiamo davvero a un tiro di schioppo gli uni dagli altri. Ma venivamo velocemente al punto che volevo trattare, tutti i gruppi della curva Andrea Costa in un comunicato ufficiale hanno ribadito che finché allo stadio non potranno entrare con megafoni, bandiere, beaste, tamburi, resteranno fuori. In modo particolare lo slogan è stato molto chiaro: “O tutti o nessuno”!. Premetto che da sempre sono stato vicino al movimento ultras che ho rispettato nelle loro idee e prese di posizioni anche dure verso certi presidenti che erano più che altro dei banditi e, purtroppo, uno ne abbiamo avuto poco tempo proprio qui a Bologna, e stava per farci scomparire dal panorama del calcio italiano, che se ci penso ancora mi vengono i brividi! Dunque arrivo al nodo del mio discorso, abbiamo passato due anni sperando di potere in qualche maniera rientrare allo stadio, con loro stessi che scrivevano sui social che gli mancava da matti la fotta di tifare, che non vedevano l’ora di tornare a casa al Dall’Ara, e quando questa possibilità si è fatta in parte concreta, hanno deciso, visto che non potevano entrare tutti come un tempo, di inscenare questa protesta più politica che calcistica, seguita poi nel panorama ultras da pochissime tifoserie di serie A, ed esponendo, così, il Bologna a giocare sempre fuori casa, mentre in altri stadi, come ad esempio abbiamo potuto vedere a San Siro con le due milanesi, a Napoli, a Roma con le due romane ecc… gli ultras sono presenti e si fanno sentire, e sono tornati ad essere il dodicesimo uomo in campo, e francamente questo atteggiamento proprio non lo capisco, hanno sempre professato che si tifa per la maglia, poi sono venuti fuori discorsi di green pass e altro che hanno come già ribadito prima più a che fare con la politica che con il tifo organizzato”.
-Una scelta però dettata dal fatto che non avrebbero potuto tifare liberamente e tutti assieme come prima, non credi?
“Si e no, intanto, però, io non avrei mai lasciato il Dall’Ara alla mercé di altre tifoserie, e poi se era per un discorso di bandiere e tamburi perché, per fare un esempio, nella sud di San Siro i Milanisti fanno un tifo da paura? Le leggi non sono uguali per tutti? Io ho 65 anni, ma questa cosa proprio non l’ho capita, per una vita abbiamo avuto una spaccatura fra la destra rappresentata dai Mods e la sinistra con i Forever Ultras che, alla lunga, ci ha solo diviso e danneggiato, una volta che questa spaccatura si era andata a colmare avevamo nuovamente una curva abbastanza unita, ecco prima la pandemia e poi questa astensione volontaria dal tifo. Poi da sempre gli ultras in Italia quando hanno dovuto affrontare una dura scelta di posizione per non scomparire come identità, lo hanno fatto tutti assieme, in tutte le curve italiane, dalla serie A all’ultima categoria, penso invece che se i nostri ragazzi abbiamo preso una strada, per noi tifosi normali, almeno permettetemi criticabile, altre realtà italiane li hanno traditi facendo e guardando solo al loro tornaconto. Inoltre, aggiungo che proprio non presentarsi allo stadio potrebbe essere un viatico per scomparire dal panorama italiano e cittadino”.
-Una presa di posizione molto dura la tua…
“Premetto questo è il mio pensiero di tifoso che da oltre vent’anni è stato abbonato e che, quando poteva, spendeva soldi anche per andare in trasferta in tutta Italia, pur non appartenendo a nessun gruppo organizzato, l’unico gruppo in cui mi sono sempre riconosciuto è quello dei miei amici, con i quali, fin dai tempi del Fermi, abbiamo iniziato ad andare a vedere le partite del Bologna e non abbiamo più smesso”.
-Cosa ne pensi del Bologna di quest’anno?
“Secondo me è più forte di quello dello scorso anno, magari saremo meno leziosi della passata stagione, ma potremmo portare a casa più punti, non mi aspetto più il bel gioco effimero degli scorsi anni, ma mi aspetto una squadra con un gioco più sporco ma più cinica, a me pur di non perdere va bene anche se buttano la palla in tribuna, tanto per farci capire e ben venga la lezione che ci ha impartito la Ternana, così ci siamo svegliati subito”.

-Una considerazione sul mercato appena concluso?
“Brucia e non poco la vendita del giapponese, ma pensavo peggio, pensavo che partissero più giocatori, e poi alla fine anche se dispiace e gli si augura il meglio per la sua carriera, a conti fatti lo abbiamo pagato 6 e venduto per 23, penso che sia stato un affare e che le casse si siano riempite, spero solo che se ci fosse bisogno a gennaio di intervenire per coprire qualche ruolo e fare un acquisto, quei soldi siano rinvestiti bene”.
A cura di Danilo Billi