Continuando le interviste agli addetti ai lavori del calcio femminile, sentiamo il fotografo romano Fabio Cittadini

Fabio Cittadini al lavoro – Credit Photo: Bruno Fontanarosa

-Fabio a che età è nata la tua passione per la fotografia?
“Considera che ora ho 62 anni, ho iniziato quando ne avevo 17, passavo gran parte della giornata nella mia camera oscura, e benché solo da lettore mi piaceva già la fotografia sportiva, in particolare di calcio, ed ero affascinato dagli scatti di Roberto Tedeschi. Già all’epoca lui era il mio mito, la mia icona, e sono felice che questa esperienza nel mondo del calcio femminile mi abbia permesso di conoscerlo di persona, poiché è sempre sul pezzo e continua a fare splendide foto, oltre che all’Olimpico, anche alle partite della AS Roma Women”.

-Come mai le foto di Roberto Tedeschi ti piacevano così tanto?
“Perché lui con i suoi scatti ti raccontava la partita, c’erano i goal, potevi vedere una rovesciata in area di rigore e dietro però c’era lo stadio, i tifosi sugli spalti, erano fotografie reali, si respirava calcio a 360 gradi. Rivedere anche oggi quelle foto in bianco e nero è sempre emozionante.
All’epoca si usava di norma un obiettivo medio-grandangolare, o un 50 millimetri, al massimo un medio-tele, tutti rigorosamente a fuoco manuale e con gli iso non si andava oltre i 400: tutto un altro mondo in confronto delle apparecchiature e dal modo di fotografare che
richiedono oggi i giornali”.

-Come concepisci la fotografia sportiva?
“Posso dire che per me è importante raccontare la storia di una partita, con album anche di 200 foto. Facendo fotografie per passione e non per mestiere, ho la fortuna di non dover sottostare alle esigenze del lavoro, che oggi richiedeno al fotoreporter di inviare in redazione il materiale già durante il primo tempo della partita. Il mio modo forse è legato alla vecchia scuola della fotografia del calcio, dove il racconto era preminente rispetto all’immagine iconica che oggi è richiesta. Basta confrontare le foto in prima pagina di un giornale sportivo odierno con quelle di trent’anni fa: dove prima c’erano i goal l, le azioni, le maglie delle due squadre ad identificare senza dubbio l’evento
fotografato, ora troviamo gli abbracci, i primissimi piani, foto bellissime e spettacolari ma che paradossalmente potrebbero essere state scattate la settimana prima!
Ripeto, io ho la fortuna di fare questo non per lavoro ma per passione, e allora mi posso prendere le mie libertà, ammirando e rispettando nel contempo il lavoro degli altri fotografi che, ovviamente, essendo pagati dai loro rispettivi giornali hanno dei compiti da svolgere e lo fanno sempre egregiamente e tempestivamente come oggi è necessario. Fortunatamente il Direttore della mia testata, “Il Giornale di Roma”, è molto paziente e si accontenta di tre o quattro foto finita la partita e poi mi lascia carta bianca per raccontarla, magari due giorni dopo…”.

-Come mai sei passato al calcio femminile?

“Mi sono avvicinato alla fotografia sportiva molto tardi, e mi dilettavo a fotografare dalla tribuna del Tre Fontane la primavera maschile della Roma, mettendo poi le foto su Facebook. Per un puro caso, un giorno di settembre del 2018 ero all’EUR perché volevo provare un vecchio obiettivo, ero nei pressi del campo sportivo dove stava per iniziare proprio la prima partita dell’AS Roma Women,
contro la Florentia per il Trofeo Luisa Petrucci. Sono sincero: nemmeno sapevo, io tifoso romanista, che la Roma avesse una squadra femminile! Mi piacque tutto moltissimo e alla prima successiva partita giocata in casa mi presentai con zaino, teleobiettivo e tutto quanto. Ai
cancelli per andare in tribuna mi venne però detto che non era quella l’entrata per i fotografi e a nulla valsero i miei tentativi di spiegare che non ero un fotografo accreditato.
Sembra incredibile, oggi che tutto è cambiato, ma mi hanno “costretto” ad entrare in campo! Era Roma-Juventus, e lì mi si è aperto un mondo e da quel giorno ho iniziato a fare foto solamente di calcio femminile, specialmente della mia amata Roma, ma non solo la prima squadra, anche la primavera e le under quando è possibile.
Allo stesso modo mi piace fotografare partite delle categorie inferiori, dove certo non manca né la tecnica né l’agonismo”.

-Cosa ricerchi in particolare nei tuoi reportage?
“La costruzione e finalizzazione dei goal, se ne perdo uno sto male per davvero, anche se la partita è ampiamente in ghiaccio e il punteggio è assai definito, perché poi sì, ci stanno anche i festeggiamenti, gli abbracci ecc… ma se non c’è lo scatto dell’azione del goal manca il piatto forte… un po’ come un’amatriciana senza guanciale! Inoltre, mi piace dare molto spazio al racconto, ecco perché nelle mie foto non ricerco la ridotta profondità di campo, lo sfocato
che va per la maggiore. Uso il formato APS-C per questo motivo, oltre che per la relativa leggerezza
dell’attrezzatura, perché avere a fuoco più di un piano permette di far vedere anche l’espressione della altre ragazze coinvolte nell’azione sia in attacco che in difesa”.

-Quanto è importante per te la post lavorazione?
“Tantissimo, per me lavorare sull’inquadratura da pubblicare è imprescindibile, sono ossessionato dalle diagonali… Però, oltre alle operazioni sulla composizione faccio poco altro, praticamente solo aggiustamenti al contrasto, alle ombre e alla temperatura colore: insomma, con Lightroom faccio quello che facevo in camera oscura e nient’altro. Impiego molto tempo a cercare la composizione che più mi soddisfa. Dallo stesso scatto si possono pubblicare foto completamente differenti, a
seconda di cosa si voglia enfatizzare e cosa escludere.
Diverse volte mi sono divertito a ritagliare dalle immagini di gioco solo foto di espressioni e sguardi, formando un album in parallelo, ma allo stesso tempo completamente diverso da quello sulla partita, eppure entrambi nati dagli stessi fotogrammi”.

-Cosa non deve mai mancare in una tua immagine di calcio femminile?
“Sicuramente il pallone e poi nella fotografia sportiva, specie se femminile, bisogna essere severi anche nella ricerca della forma, del ritmo, delle simmetrie. L’aspetto
calligrafico spesso è dettato dai lunghi capelli in movimento, l’eleganza che hanno le ragazze è qualcosa che nel maschile non trovi. Ma attenzione! L’eleganza deve intrecciarsi strettamente col gesto tecnico e con il dinamismo, perché nel femminile non si risparmiano i contrasti e la cattiveria agonistica, che è giusto che venga riportata nelle immagini, soprattutto per sfatare pregiudizi
e luoghi comuni. Sotto questo aspetto un esempio su tutte nella prima squadra della Roma è Linari”.

-Fotografi anche la primavera, forse anche più delle grandi vero?
“Sì, la Primavera della Roma è costantemente nel mio obiettivo ma non solo, quando posso fotografo anche le under 17 e le under 15, dove le fasi nazionali mostrano ottimi livelli tecnici. A livello giovanile c’è un ambiente bellissimo, conosci i genitori delle ragazze e finisci per sentirti quasi un loro… zio! Ti assicuro che quando qualche ragazza della primavera, che magari ho fotografato già dai tempi dell’under 15 viene chiamata in prima squadra, mi emoziono quanto i genitori. Negli anni scorsi ho seguito la Primavera della Roma Women in tantissime trasferte e così sono diventato con le mie foto una sorta di memoria storica della loro gioventù calcistica. Fino all’anno scorso compilavo anche le statistiche, e non solo goal fatti e partite giocate, ma anche minuti giocati
ecc… È una mia grande passione. Quest’anno purtroppo non è possibile seguire allo stesso modo le Campionesse d’Italia, e mi sono dedicato a monitorare l’utilizzo delle
under 19 di tutte le squadre di Serie A.”

-Mi dicevi che hai preso anche il tesserino da pubblicista, vero?
“Sì, con le regole attuali, giuste, è un requisito necessario per fotografare da bordo campo, e per questo devo ringraziare Francesco Goccia, il Direttore de “Il Giornale di Roma”, che mi ha dato fiducia e mi ha permesso di fare il praticantato. In alcuni impianti, inoltre, possono accedere solo i tesserati e i fotografi ufficiali delle squadre, e non i fotografi delle testate. Sai che diverse volte per poter fotografare la Roma Primavera, che gioca appunto in un impianto di questa categoria, ho dovuto fare il fotografo della squadra avversaria (a cui poi regalo degli scatti, ovviamente)”.

-Mi raccontavi anche che ti piace cercare il più possibile di produrre immagini a mano libera, vero?
“Sì, non uso stativi perché cerco sempre di stare a pelo d’erba, tanto è vero che avevo anche il mio inseparabile tappetino dove mi stendevo per stare proprio il più basso possibile… ma, dopo che nella semifinale nazionale dell’ultimo campionato Primavera un colpo di vento lo ha fatto volare in campo, non ho più il coraggio di portarlo con me, e mi accontento dello sgabellino, anche se poi mi alzo spesso e cambio continuamente la posizione di ripresa. Mi piace il settore giovanile anche per il fatto che spesso gli arbitri non sono fiscali e mi permettono di fotografare anche dal lato lungo del campo… ovviamente se poi mi chiedono le foto gliele mando!”

Ringrazio il fotografo Fabio Cittadini per il tempo che mi ha concesso per questa intervista in esclusiva per il mio blog, e per tutto quello che ha fatto, fa e farà per il movimento del calcio femminile italiano e romano.

Danilo Billi

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