Il calcio femminile dilettantesco ha bisogno di un cambio? Di Valentina Marrè

Immagina presa dalla rete

È incredibile tutto ciò che il movimento del calcio femminile italiano è riuscito a raggiungere in questi anni, con il passaggio della Serie A e Serie B da campionati dilettantistici a professionistici, con l’apertura dei grandi stadi maschili per eventi di calcio femminile e della trasmissione di tutte le partite con Tim Vision e la migliore di giornata su La7. 

Tutto ciò è stato raggiunto con estrema difficoltà poiché la società italiana non era abituata, e purtroppo in cerchi casi neppure ora, a vedere delle ragazze giocare a calcio, decretato lo sport dei maschi per eccellenza. Con molto lavoro e impegno si è riusciti a costruire una sorta di realtà professionistica molto interessante, ma purtroppo per riuscire a portarla al massimo splendore bisogna continuare anche a lavorare sul calcio dilettantistico. 

Attualmente il gap tra Serie B e C sta raggiungendo il suo massimo, con conseguenza difficoltà delle neopromosse a adattarsi a un campionato di un livello così superiore rispetto a quello in cui hanno partecipato l’anno precedente. 

Purtroppo, questa affermazione è evidente a tutti, basti guardare la classifica del campionato cadetto per capire come tutte le squadre neopromosse, al di là del Tavagnacco in piena crisi e la Ternana che è supportata dalla società maschile per cui risiede ai piani alti, le altre occupino le posizioni della parte bassa della classifica. 

Piano piano che si scende dalla Serie C sbarcando in eccellenza la cosa peggiora ulteriormente. Al di là del livello, poiché stiamo parlando di campionati dilettantistici, ciò che preoccupa decisamente sono altri fattori quali arbitraggio, campi, pubblico. 

Nel calcio dilettantesco, anche in quello maschile per intenderci, al di là del gioco nel senso stretto incidono negativamente altri fattori soprattutto quello arbitrale. Partendo dal fatto che vengo scelti dei “ragazzini”, sia per esperienza sia per età anagrafica, a dirigere delle partite con un alto livello di scontri fisici da gestire, soprattutto la mancanza della terna abitarle in certi casi scatena dei putiferi che una persona sola non può gestire. 

Queste decisioni arbitrali dubbie o in certi casi del tutto incorrette scatena delle reazioni a volte anche molto pesanti ovviamente per le giocatrici in campo, ma soprattutto sulle panchine e nel pubblico. Non è raro sentir dire che un dirigente o un tifoso al termine della partita abbia aggredito fisicamente o minacciato verbalmente il direttore di gara.

Per migliore questi aspetti è necessario un cambio dell’AIA che potrebbe non utilizzare un, per esempio, un campionato di eccellenza come “allenamento” per nuovi arbitri, ma bensì utilizzare dei direttori/direttrici di gara almeno con un minimo di esperienza.  Inoltre, non dovrebbe essere del tutto esclusa l’inserimento della terna arbitrale anche nel campionato di eccellenza, visto che in caso di promozione si vola in una categoria superiore dove sono presenti guardalinee e il metodo di arbitraggio, anche se minimo, è diverso. 

In realtà ci sarebbero altre due cose su cui lavorare ovvero i campi e soprattutto i metodi di allenamento. La questione campi non è tanto incentrata sul manto, anche se non è raro vedere campi con i sassi o con buche gigantesche dove le calciatrici possono farsi veramente male, ma soprattutto è la grandezza del terreno di gioco soprattutto negli allenamenti. 

Molte squadre, in particolare nelle regioni dove il movimento non è così troppo sviluppato, sono costrette ad allenarsi in campo adatto al calcio a 7. Una cosa del genere non è accettabile se viene fatta due allenamenti su tre, considerando che gli spazi sono notevolmente differenti per cui non ci sono riferimenti per la partita. 

Attaccandoci al tipo di allenamento che può svolgere una squadra di eccellenza in un campo a 7 si arriva al discorso preparazione degli allenatori. Molto spesso soprattutto nel calcio femminile dilettantistico vengo presi degli allenatori che hanno SEMPRE allenato squadre maschile, sia scuole calcio che prime squadre, e poi messi sulle panchine delle ragazze, ovvero una mossa alquanto errata considerato che la strutta e tempi di gioco delle donne è completamente diverso rispetto ai ragazzi. 

Qua entra in gioco anche la federazione che, magari in un futuro, potrebbe inserire dei patentini specifici per il calcio femminile, con esercitazioni e tattiche di gioco adatte, soprattutto per giocatrici già nell’età della crescita. 

Questa mancata “esperienza” di alcuni allenatori rischia involontariamente di far male alle proprie giocatrici, in particolare con dei carichi troppo alti oppure abituati ai bambini con allenamenti troppo blandi.

Quando una giocatrice non riesce tecnicamente a reggere un’avversaria si cerca di ricorrere sempre al contatto fisico, molto spesso questo sfocia in calci e botte molto pesanti e purtroppo anche del tutto involontarie. Tutto ciò è legato sempre a un problema di allenamenti, poiché non vengo insegnati i “fondamentali” del calcio e di conseguenza non viene eseguita sia la parte tecnica – tattica sia quella fisica. 

Dopo questa panoramica generale, abbiamo chiesto dei pareri sia ad un allenatore sia a una giocatrice, per avere delle opinioni dalle figure direttamente interessate. 

Valerio Capano, allenatore modenese 

“Molti guardano solo la Serie A o la Serie B dove determinati tipi di interventi o episodi non accadono, ma dalla Serie C e specialmente dall’eccellenza in poi, molto spesso invece di giocare delle partite di calcio si sfocia nelle mischie di un match di rugby”

Valerio Capano è un allenatore di Modena attualmente fermo a causa di una squalifica presa in passato a causa di una “sfuriata” dopo l’ennesima entrata aggressiva dei difensori avversari su una sua attaccante. 

“Da inizio partita ogni pallone che riceveva veniva puntualmente colpita da una o due giocatrici della difesa avversaria, tanto da provocarle, a fine partita talmente tanti di quei lividi ed ematomi che anche al pronto soccorso di Modena si sono chiesti se fosse stata picchiata con bastone alle gambe”.

L’allenatore modenese riconosce subito le sue colpe per aver aggredito verbalmente e fisicamente la panchina avversaria, dopo che ha chiesto spiegazioni per i continui falli inutili dei difensori. 

“Uno dei problemi più frequenti riscontrati in eccellenza e in categorie inferiori sono le indicazioni di certi coach di utilizzare falli brutti nel fermare le attaccanti avversarie. Purtroppo, quest’ultime, oltre a subire degli insulti più o meno pesanti debbano anche rischiare di farsi seriamente male ogni volta che varcano la trequarti avversaria”.

“Tutto questo lo reputo un salto all’indietro del calcio femminile italiano, poiché più si scende di categoria la cattiveria gratuita aumenta e raramente viene sanzionata con dei cartellini rossi. Tutto ciò abbassa notevolmente lo spettacolo rendendo il tutto una corrida penosa alla ricerca di mattare l’attaccante avversario”.

“Rajia e la sua visione da calciatrice”

“Da calciatrice, avendo vissuto queste cose, posso dire che in categorie più basse i colpi che si ricevono sono molteplici e spesso è proprio dovuto al fatto che davanti si trovano anche avversarie di basso livello quindi come si suol dire “chi non prende palla prende gambe”.”

Rajia D’Amico, giocatrice ligure che ha militato in varie società liguri e per ultima, momentaneamente a causa di una piccola pausa, risulta essere lo Spezia. La classe 2002 ligure spiega in modo breve, ma molto chiaro, la situazione che sta vivendo la Liguria per quanto riguarda il calcio femminile dilettantistico.  

“Altri fatti scatenanti sono certi allenatori e certi genitori che impongono questa teoria alle proprie calciatrici e figlie (cosa davvero bruttissima) e purtroppo questo fenomeno è molto diffuso anche tra i più piccoli”.

Nel territorio ligure, purtroppo, gli scorsi mesi si sono successi episodi alquanto scandalosi, dove alcuni genitori o dirigenti hanno aggredito fisicamente l’arbitro a fine partita, in una di queste occasioni il direttore di gara era un ragazzo poco più grande dei protagonisti in campo.

“Per quanto riguarda gli arbitri posso dire che il livello è davvero basso e sono molto incompetenti. Parlando della Liguria il problema è grande in quanto non ci sono neanche più arbitri e per questo hanno dovuto richiamare ex arbitri degli anni passati”.

Per concludere Rajia condivide un pensiero comune: “Si spera che anche i campionati inferiori alla Serie A vengano osservati per far sì che questi fenomeni vengano ridotti e infine tolti definitivamente”.

Valentina Marrè

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